Recensioni libri di montagna

Il tamburo del diavolo. Miti e culture del mondo dei pastori

Giuseppe Colitti

Il tamburo del diavolo. Miti e culture del mondo dei pastori


Quanta spontaneità comunicativa possa esserci tra i pastori ce lo ha recentemente ricordato Oreste Valdinoci con un interessante excursus sulle originalissime e antiche scritte (la più remota è datata 1710) dipinte, prevalentemente da pastori appunto, sulle pareti calcaree a nord del Comune di Ziano, in Val di Fiemme (Le scritte delle Pizzancae in Val di Fiemme, in “Giovane Montagna. Rivista di vita alpina”, Gennaio-Marzo 2013). Pur nella obbligata sinteticità, si tratta di testimonianze dirette che pastori di qualche secolo fa ci hanno voluto lasciare su varie situazioni e stati d’animo della loro vita quotidiana; veri e propri “messaggi di vita”, per come ebbe a definirli Giuseppe Vanzetta, lo studioso che ne curò pazientemente la catalogazione (Le scritte delle Pizzancae e la Cava del Bol, Manfrini editore, 1991). In tutt’altra parte d’Italia (prevalentemente il Vallo di Diano ed il Cilento) ed in tempi decisamente più recenti (gli ultimi decenni del ‘900), quella stessa spontaneità comunicativa ha trovato l’occasione di un più ampio e articolato racconto, sempre in prima persona, grazie ad un uomo che ha saputo “rincorrere” e “provocare” i ricordi fissandone in presa diretta la traccia con l’ausilio, mai invadente, di un registratore. Senza volerla prendere troppo alla larga – ma solo per significare che i sentieri della storia, della natura e della cultura sono un continuo intreccio per chi pratica la montagna – piace qui ricordare, preliminarmente, che l’anno successivo alla inaugurazione a Sala Consilina del primo Sentiero Frassati, l’Associazione P.G. Frassati di Roma e l’Azione cattolica di Teggiano-Policastro, con la collaborazione della sezione di Salerno del Cai, organizzarono un “Corso per Guida del Sentiero Frassati della Campania”, cui parteciparono diciannove giovani di Sala Consilina che al termine, il 13 maggio del 1997, ricevettero il diploma a Roma dalle mani di Jas Gawronski, nipote del beato, e furono poi ricevuti in udienza particolare al Quirinale dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Tra i docenti fu chiamato l’antropologo Giuseppe Colitti – ricercatore e studioso di fonti orali, che a Sala Consilina custodisce un archivio sonoro di oltre 2300 ore di registrazione – cui fu chiesto di tenere la lezione “Antropologia della montagna. Come la montagna è stata vissuta dall’uomo tra storia e immaginazione: attività, riti, leggende”. Alla base del corso, come dello stesso progetto “Sentieri Frassati”, c’era, infatti, la consapevolezza di “un bisogno profondo di ricerca della più remota identità dei luoghi, per legare il presente al passato non per mera nostalgia, ma allo scopo di favorire un rapporto di maggiore rispetto della montagna attraverso la conoscenza della sua antropizzazione tradizionale a quanti vi si recano in escursione per lasciarsi alle spalle i rumori e le ansie della città”. Rimarcando questa necessità, Giuseppe Colitti ha, dunque, recentemente dedicato ai pastori, i più antichi custodi della montagna, il bel libro: Il tamburo del diavolo. Miti e culture del mondo dei pastori, nel quale sono gli stessi pastori a raccontarsi in diretta, grazie al “facilitatore” Colitti che con garbo riannoda i fili di questa vita arcaica inquadrandola dapprima nel suo mondo magico – per come forse fin troppo sottolineato già nel titolo, con il richiamo al fragore del tuono… il tamburo del diavolo, appunto – per poi entrare nel vissuto quotidiano, partendo dall’iniziazione alla vita pastorale e finendo con l’analisi delle ragioni che hanno determinato il declino della pastorizia. È una lettura che consigliamo vivamente, specie a chi va in montagna all’insegna (o alla ricerca) dell’essenziale, di cui scoprirà qui parallelismi e ribaltamenti di prospettiva sorprendenti, come dimostra questa struggente e concisa pagina sul reale “peso” della povertà, vissuta con dignità… e carità. “Tra i ricordi amari di un’infanzia e di un’adolescenza povere ricorre quello dell’approvvigionamento del pane come alimento vitale nella vita del pastore. Accanto a chi aveva poco pane c’era chi non ne aveva affatto e, per orgoglio, nascondeva la cosa. Il fatto è capitato proprio a me. Quando eravamo piccoli, io facevo il pastorello. Facendo il pastorello, mi sono unito con un compagno. Scherzando gli chiesi: «Ma che ci porti, nello zaino?». «Che ci porto? Non ci porto niente». Vau ppe lu ’nduppà (vado per urtarlo): [mi accorsi che] c’era una pietra. Allora io che avevo un po’ di pane, ne avevo poco, mica molto, lo divisi a metà con lui.” (Antonio Gallo, n. 1930, muratore di estrazione pastorale; Sassano, 20 febbraio 1991). Recensione a cura di Antonello Sica Il tamburo del diavolo. Miti e culture del mondo dei pastori, di Giuseppe Colitti, Donzelli editore, Roma 2012, pagg. 267, €. 30,00.
 
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