Recensioni libri di montagna

Da bambina

Marina Corradi

Da bambina


Da bambina Stupore e scoperte tra paure e sospetti. Chiunque di noi abbia qualche ricordo dell’età bambina avrà situazioni simili da ricordare. Ma la giornalista di Avvenire Marina Corradi, dopo sostanziosi precedenti narrativi e un esercizio pubblicistico di grande esperienza, riandando ai suoi anni verdi, ce li restituisce con duplice scorta culturale: prima, una memoria illibata della sua infanzia-adolescenza; poi, una matura e adeguata consapevolezza espressiva per raccontarla. Se già non fosse difficile «tradurre» (perché di questo si tratta) un testo creativo di filiale qualità (sacri sono i primi anni della nostra vita) in una impari nota recensiva, la postfazione di uno scienziato di fama come Eugenio Borgna, illustre psichiatra novarese, spiazza ancor più i commenti: vuoi per un dettato da profondo conoscitore dell’animo umano, vuoi per un lessico di luminosa espressività letteraria perfetto per cogliere la “struggente bellezza” del libro, la sua “incandescenza emozionale”, la “singolare leggerezza della scrittura” e la “stupefatta descrizione di stati d’animo”. Marina, io narrante in nome proprio, è, all’esordio, una piccolina di cinque anni in vacanza a Cortina, dentro la maestosa giogaia delle Dolomiti, tra Tofane, Pomagagnon, Faloria e Cristallo. Ma non è la Cortina stucchevolmente mondana di oggi, non solo perché siamo in estate del 1963, ma perché la casa dei suoi genitori è appartata e già a mezza costa rispetto all`allora borgo ampezzano. Vive mesi via da Milano con madre presentissima, padre altalenante (giornalista apprezzato in giro per il mondo ), la sorella Licetta di sei anni più grande, e in compagnia di Giuditta, una sorta di totem montanaro dall’inossidabile vigoria, e di Rinaldo, suo figlio, fabbro e factotum dalla mente un po’ disturbata dall’esperienza bellica della prima grande guerra. In sostanza, nel suo tempo e nei suoi giochi, Marina è sola. Streghe, orchi, draghi e maghi popolano la sua mente, animisticamente suscitati dalla sua fervida fantasia ed esplicitati con la naturale spontaneità dell’infante. Ma viene il giorno tremendo della morte della sorella (“mistero che mi passa accanto”). Nulla è più come prima e la parte seconda del libro è il racconto dell’irreparabilità dell’evento. Licetta non c’è più, l’estate torna lo stesso; la madre è annientata, ma nella Cortina di sole e di cime, di feste e di tempeste, la vita continua. Dio è pensato come “uno” che non ragiona, “uno” che forse è cattivo, e il mondo pur splendido può essere spaventevole. Ci vorranno anni per riconciliarsi con il destino. E con Dio, che non si vede mai ma nel cielo di smalto delle Dolomiti lascia una qualche evidenza: un Dio lontano, ma di cui rocce e prati possono essere impronta. Marina è sposata ed ha tre figli quando il libro finisce (recensione a cura di Claudio Toscani).
 
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