Recensioni libri di montagna

Ricreatori. Una storia lungo cent’anni. Trieste 1908-2008

AAVV

Ricreatori. Una storia lungo cent’anni. Trieste 1908-2008


Siamo nell’anno che celebra i 150 anni dell’Unità d’Italia, legata all’evento del 17 marzo 1861 che a Reggio Emilia parzialmente la sancì. In effetti lo Stato nazionale ricevette un ulteriore apporto con l’ingresso del Veneto cinque anni dopo e si completò con l’ampliamento dei confini al perimetro alpino nel novembre 1918, che diede Trento e Trieste all’Italia. Si celebra lo stato nazionale nel contesto di realtà regionali chiaramente non omogenee, ma è bene che la singolarità delle rispettive storie non venga cancellata e che conviva entro regole che amalgamano le diversità in un corpo che assume il nome di nazione. Da Trieste giunge in redazione il volume: Ricreatori: un gioco lungo cent’anni: 1908-2008. Esso ripercorre la storia dei ricreatori triestini attraverso una ampia raccolta d’immagini d’archivio, corredate da quattro saggi storici (Diana De Rosa, Luigi Milazzi, Giovanna Paolin e Marina Rossi) che analizzano l’unicità di questa realtà dal punto di vista sociale, dell’integrazione culturale e dei metodi educativi. Quando si parla di “ricreatori” l’esperienza dei più porta a un vissuto di gioventù legato a strutture parrocchiali o di congregazioni religiose. Nel caso di Trieste questa struttura sociale nasce invece dall’amministrazione civica triestina preunitaria, quando all’inizio del XX secolo e con un inurbamento al massimo dell’espansione essa crea delle strutture parascolastiche per togliere i bambini dalla strada. L’avvio è del 1908, ma remota ne è la gestazione. Trieste è città di forte fervore imprenditoriale e crogiolo di varia umanità, offrendo all’impero lo sbocco sul mare. All’inizio del ‘900 è in pieno sviluppo e conta oltre duecentomila abitanti. È anche la stagione, come ci ricorda la storia, di tutte le forti industrializzazioni, del vasto fenomeno del proletariato urbano, ancorché l’Austria avesse attivato una legislazione che prevedeva la frequenza scolastica fino all’ottava classe. Un obbligo che nelle periferie dell’impero non era sempre agevole far rispettare. Annota Piero Spirito: «All’inizio del secolo scorso la borghesia imprenditoriale triestina era perfettamente conscia che un controllo sull’infanzia povera di matrice prettamente laica era garanzia di stabilità sociale, primo passo verso lo sviluppo economico della società stessa. Sottrarre i piccoli disagiati al pericoloso disordine della strada era soluzione generosa, intelligente e lungimirante». La lettura del volume evidenzia quanto fossero tra loro diverse le realtà di Trento e Trieste. Ambedue “austriache”, ma opposte nel loro tessuto sociale. È sicuramente l’impianto della loro economia che le fa così differenti, probabilmente perché Trento è comunità più chiusa in se stessa rispetto a quella triestina, cosmopolita per impianto economico e per vocazione. Quanto scrive Spirito affiora dalla documentazione testuale indagata da Diana De Rosa, che ci avvolge nella pedagogia deamicisiana delle pagine del Cuore. Povertà e spesso miseria, cui portavano aiuto, per quanto potevano, i buoni consigli rivolti a una educazione di fondo, di aiuto per la vita. Ecco nei ricreatori comunali triestini si puntava, con l’accoglienza e le molteplici attività, all’educazione e non all’istruzione in senso stretto. Una realtà pedagogica estremamente moderna e per molti versi diversa, per sua natura, dai protocolli delle istituzioni scolastiche. Quando Trieste entra a far parte dell’Italia la rete dei ricreatori triestini è attiva già da un decennio e il suo impianto educativo e ampiamente articolato, spaziando dalle pratiche di laboratorio a quelle artistiche e delle discipline sportive. Il consolidamento del regime non pare (a stare alla ricca documentazione d’archivio) condizionarlo, almeno ufficialmente. C‘è una foto, a pagina 164, che ci collega alla storia alpinistica triestina e nazionale. Essa presenta la “Sezione speleologica del ricreatorio Pitteri del 1925”. Di tale ricreatorio Emilio Comici (si veda la biografia scritta da Spiro Dalla Porta Xidias), fu frequentatore fino ai 16 anni, secondo i limiti del regolamento. In tale ricreatorio praticò le discipline sportive più diverse dell’atletica, eccellendo in tutte, e fu lì che pure incamerò l’interesse per la speleologia, che lo portò nella XXX Ottobre, quando Trieste divenne italiana. La sua successiva storia è ben nota. È legittimo pensare che la formazione di base di Comici sia partita di lì e che se non ci fosse stata l’esperienza vissuta nel Pitteri l’alpinismo italiano non avrebbe probabilmente avuto la stella che Comici è stata. (recensione a cura di Giovanni Padovani) Ricreatori. Una storia lungo cent’anni. Trieste 1908-2008, AAVV, Comunicarte edizioni, pagine 222, con ricchissima iconografia d’archivio
 
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