Recensioni libri di montagna

Sulla via del granito

Walter Belotti e Dino Marino Tognali

Sulla via del granito


Due comuni innamorati della loro valle, non nuovi a pubblicazioni rivelatrici delle sue bellezze naturali e della sua ricchezza storica, hanno insieme dato vita ad un autentico omaggio grafico di quel materiale che i milanesi distratti e frettolosi sono abituati a calpestare, ignorandolo, sul ciglio dei marciapiedi della loro città: il granito. Il granito è passato a rappresentare, nell’immaginario collettivo, tutto ciò che c’è di incrollabile, di definitivo, di stabile; per gli alpinisti, è la roccia che fa da contraltare alla dolomia, generando quasi due diversi stili di arrampicata, due modi di intendere la montagna. Chi non ricorda le antiche polemiche fra orientalisti e occidentalisti, fra chi si sentiva a suo agio solo sul granito del Bianco e chi non voleva conoscere altro che la verticalità delle Cime di Lavaredo? Ma il granito non è solo l’essenza di determinate montagne; sulla dolomia, ha il vantaggio – appunto – della stabilità, stavo per dire dell’eternità, di ciò che con esso si riveste, si erige, si plasma. Dalle basiliche ai baitelli, dai muri di scarpa ai ponti stradali, dalle dighe ai portali, dai castelli alle pietre miliari; le magnifiche immagini di Belotti e Tognali ci fanno conoscere un mondo di manufatti che - insieme al senso della perennità - ci trasmette quello di una intera civiltà. Più sopra ho usato il verbo “plasmare” che parrebbe improprio a proposito di un materiale inerte come il granito: invece, quando scoprite nelle immagini del volume gli stemmi, le volute, i capitelli, le colonnine, le figure di animali, i mascheroni di anonica (il granito tipico della zona dell’Adamello), viene spontaneo pensare a due mani che lavorano sapientemente una docile massa. Il volume si apre con una serie di studi. Quello dedicato alla storia del granito ci fa risalire alle piramidi e al codice di Hammurabi, realizzato su una colonna di diorite alta più di due metri; è grazie alla indistruttibilità di quella diorite che abbiamo potuto interpretarne i segreti. Di grande interesse la vicenda dei Maestri anonica, originari della Val d’Intelvi, dove appresero a lavorare perfettamente la pietra locale, e - chiamati in Valle anonica - vi introdussero la loro arte, come del resto fecero in gran parte d’Europa. Una serie di studi, corredati da foto d’epoca che ci riportano ad un mondo in via di estinzione, riguarda le figure degli scalpellini e le famiglie tradizionalmente dedite alla lavorazione del granito. Agli studi introduttivi segue una ricca carrellata sulle opere in granito reperibili in varie località della valle, illustrata da foto originali. Citeremo come esempi il celebre castello di Poia, le centrali idroelettriche di Temù e di Sonico, i graniti lavorati decoranti le case di Edolo, l’imponente ponte della val Paghera presso Ceto; quest’ultimo è un vero capolavoro di architettura militare, con la sua arcata a sesto ribassato di 14 metri di luce tutta realizzata in blocchi di granito. Fra gli edifici sacri, che sono molti, gli autori hanno scelto la chiesetta costruita dagli alpini al rifugio Garibaldi, la chiesetta di san Sisto a Cevo e il santuario di sant’Antonio a Saviore. Un materiale, dunque, il granito, che tramanda nei secoli la forma che l’uomo gli ha dato; un materiale che non tradisce. Un materiale che - intelligentemente interpretato, come in questo libro - dà visibilità perenne alla memoria e alla tradizione. (recensione a cura di Lorenzo Revojera) Sulla via del granito, di Walter Belotti e Dino Marino Tognali, edizioni Museo della Guerra Bianca - Museo dell’Alta Valle Camonica, 2008, pagine. 224
 
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