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Kriemhild Buhl
Mio padre Hermann Buhl
Quando Hermann Buhl perse la vita sul Chogolisa a casa, con la moglie Eugenie, c’erano tre bambine. La più grande, Kriemhild, aveva cinque anni e a seguire le sorelline, Silvia e Ingrid. Passata la soglia dei cinquant’anni e in piena dimestichezza con la penna, stante la sua professione di scrittrice (di gialli e di libri per bambini), Kriemhild ha ripercorso le memorie di casa, ricordando perfettamente la dolorosa cesura della vita familiare causata dalla morte del padre in “terre lontane”. Queste memorie appaiono ora anche in italiano nella collana I Licheni dell’editrice CDAVIVALDA con la prefazione di Kurt Diemberger, che definisce l’amico Hermann: mio compagno, mio maestro. Egregia la traduzione di Marina Verna. Con accenti commossi l’autrice rievoca in queste pagine la nuova esistenza che la madre dovette affrontare. Con coraggio e fede incrollabili e grazie all’aiuto dei genitori e del fratello la giovane vedova – una personcina tutta sale e pepe, dalla volontà ferrea – si costruì a Ramsau, sotto le grandiosi pareti del Watzmann, una bella casetta che adibì a pensioncina, per garantire alla famiglia la possibilità di sostentamento. Nel corso degli anni Haus Buhl diventò un polo di riferimento, un centro di richiamo e ancor oggi alpinisti di tutte le nazionalità vi convengono in omaggio alla memoria del grande scalatore tirolese. Il libro di Kriemhild Buhl non è soltanto la testimonianza del persistente legame affettivo con il padre, ma è anche espressione di un illimitato rispetto e ammirazione per la madre, che con le sue sole forze prese in mano le sorti della famiglia sino al momento in cui le figlie furono in grado di affrontare indipendentemente la loro strada. Due anni fa al filmfestival di Trento nel corso della presentazione della nuova edizione di È buio sul ghiacciaio (il libro di Hermann Buhl che dovrebbe essere presente nella biblioteca di ogni alpinista. ndr ) un giornalista chiese a Eugenie Buhl che cosa provava tutte le volte che il marito la lasciava per cimentarsi in scalate del cui rischio lei, pure brillante alpinista, si rendeva benissimo conto. La risposta fu subito pronta: «Mi sentivo esattamente come tante altre donne quando il compagno parte per ascensioni o spedizioni di esito più che incerto». Verissimo, ma nel suo caso il destino, già in agguato, moltiplicò in misura esponenziale la violenza dei suoi colpi. Un accanimento che minacciò di travolgerla; ma Eugenie riuscì sempre a tenersi a galla e approdare con le figlie a rive sicure. Il libro di Kriemhild è la dura e fedele cronaca di una epopea familiare, attraversata crudamente dalla drammatica, prematura scomparsa di Ingrid, la minore delle figlie di casa Buhl, dopo un calvario di innumerevoli operazioni, forzati soggiorni in ospedali e case di cura, sofferenze indicibili. L’autrice non esita ad affrontare con disarmante sincerità anche le amarezze incontrate negli anni della vita in comune, della lotta di quattro donne nell’ambito spesso chiuso o indifferente in un piccolo villaggio di montagna, in cui dettano legge gli uomini. Un libro da consigliare a quanti hanno Hermann Buhl nel cuore, essendo stati affascinati dal temperamento e dalla poesia con cui egli ha vissuto la attrazione totale della Montagna. Hermann Buhl con le sue imprese è entrato nella leggenda, è diventato un mitico punto di riferimento. Queste pagine della figlia Kriemhild ce lo svelano nella intimità degli affetti familiari, ma fanno pure comprendere il prezzo pagato da chi è rimasto, da una famiglia rimasta d’improvviso senza il suo essenziale punto di riferimento. (recensione a cura di Irene Affentranger). Mio padre Hermann Buhl, di Kriemhild Buhl collana I Licheni CDAVivalda, 2009, pagine 236