Recensioni libri di montagna

La via della montagna: un cammino possibile

Goretta Traverso Casarotto

La via della montagna: un cammino possibile


La montagna come maestra di vita, la montagna che “rubò” a Goretta il compagno della sua vita, il marito, caduto in un crepaccio al ritorno dalla Magic Line del K2 il 16 luglio del 1986: lungo il tratto di ghiacciaio immediatamente precedente la morena, quella che era iniziata come una felice e straordinaria spedizione si trasformò inaspettatamente nella pagina estrema di una vita, dell`esistenza di uno dei più puri e meno celebrati alpinisti di ogni epoca, il vicentino Renato Casarotto. Le prime parole subito dopo la caduta erano state in realtà lucide e terribili: «Goretta fatti forza, sto morendo». Sulla pista tracciata nella neve, dove tanti altri erano passati prima di lui, si era improvvisamente aperta una voragine di trenta metri e Casarotto era piombato sul fondo riportando lesioni e fratture mortali. Recuperato ormai senza vita da Gianni Calcagno, dopo l’estremo saluto venne ri-calato nella voragine, concorde la moglie, com’è usanza tra le alte montagne. Goretta Traverso, originaria della bassa veronese è stata a fianco di Renato per dieci lunghissimi anni di esperienze alpinistiche di primissimo piano. Prima donna italiana a toccare la vetta di un 8000, il Gasherbrum II, nell’estate del 1985, ha pubblicato nel 1996, con De Agostini, Goretta e Renato Casarotto: una vita tra le montagne e nel 2001, con GET, I Monti di Ghiaccio. Questa è quindi la terza fatica editoriale di Goretta e forse quella più ardua: dopo più di vent’anni di dolore e di sofferenza interiore per la tragica scomparsa di Renato, ella affronta la realtà quasi riemergendo da un profondo torpore, da una rabbia mai completamente sfogata… e lo fa attraverso un lungo cammino di introspezione, tornando (non solo fisicamente) alla montagna, a quella montagna - il K2 - dove finì improvvisamente il sogno di una vita: il richiamo del grande monte è vissuto come un cammino, accettando un percorso nuovo per andare verso la montagna con animo aperto, per entrare in altre dimensioni di sé e cercare di capire perché arrivò quel tragico giorno; piangere davanti alla tomba di Renato ma senza arrabbiarsi più con il monte, guardandolo invece con altri occhi: «Guardai il K2 e gli chiesi di rimanere guardiano amorevole di quel corpo che da anni riposava ai suoi piedi». (da pag. 71): “La montagna insegna l’impegno, la pazienza, la perseveranza, il non aggirare l’ostacolo allorché si presenta: passare attraverso le bufere che si scatenano nel nostro io più profondo, invece di eluderle, consente di conoscere un po’ di più se stessi e così a cercare risorse dentro di sé più che all’esterno. Maestra di vita, la montagna modifica, costruisce, cesella l’animo umano, e nei momenti bui, quando credi di non avere più risorse, ecco riaffiorare dentro di te quello che con forza vi aveva impresso, dandoti la possibilità di continuare nel tuo cammino”. Un viaggio nell’anima, quindi, un percorso umano che si incrocia con quello di antichi popoli e con le loro leggende, i loro miti e con la simbologia che la montagna ha avuto nelle diverse tradizioni religiose: dalla nostrana storia della Madonnina sulla Sisilla, a Campogrosso, all’amicizia con Maria, alla base dell’Huascaran Norte; il leggendario condor del Chalten e la storia del popolo Theuelche; la mitologia induista legata alle grandi vette himalajane; i grandi silenzi del Monte Bianco invernale, quando Renato portò a termine l’incredibile trittico; in Alaska, la magia del grande nord e l’avventura del McKinley; la triplice natura della terra indiana e la grande salita al Gasherbrum II, Goretta e Renato, assieme. Fino all’estate del 1986… «Grosse pietre ora custodiscono le spoglie di Renato: al di là del bene e del male, e perciò di ogni conquista terrena. E ciò che questo luogo aveva operato in me era molto di più di quanto le parole avrebbero mai potuto dire. Sarebbe mai finita l’attrazione? Ero tornata in Karakorum non per dovere, ma per ringraziare, per rendere onore anche all’ombra perché essa permette di conservare alcune cose finchè non si è pronti ad affrontarle, a fare luce. E questo diventa possibile nel momento in cui guardiamo al lato oscuro della nostra personalità non più come un nemico ma come possibilità di espansione della nostra coscienza. La mia vita pareva essere strettamente legata a queste forme naturali: era dalla montagna che traevo i miei insegnamenti, le mie sorgenti, le mie forze, i miei passi. Perche i monti possono rappresentare anche questo: il fuori di ciò che ognuno ha dentro di sé! Era nello specchio che potevo vedere la Vetta, finche non ci sarà la forza per guardare direttamente alla Vetta. Salire su di una cima, non importa 1`altezza, e un po` come morire a noi stessi: 1`ascesa crea distanza tra noi e ciò che abbiamo lasciato a valle, tra ciò che eravamo e ciò che siamo in quel precise momento. Là in vetta, dove il cielo e la terra sembrano fondersi in un`unica realtà, possiamo distaccarci dalla materialità, dall`emozione, dal possesso e per un attimo comprendere che non c`e separazione tra noi e ogni altro singolo essere vivente: ciò che ci unisce è lo stesso Dio, quella scintilla divina che dimora in ognuno» (a cura di Andrea Carta). Goretta Traverso La via della montagna: un cammino possibile Priuli & Verlucca 2008, Collana Paradigma pag. 271 - €. 14,50
 
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