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Stefano Ardito
GUERRA IN APPENNINO. 1943-1945: LOTTA PER LA LIBERTA’
Lo confesso, sono partito prevenuto. Quando mi è stata chiesta una recensione di questo libro, si sono attivati i miei ricordi di quando, con le guide di Stefano Ardito, mi perdevo regolarmente sui monti della Laga o sugli Ernici, soprattutto allorché, alla fine di una descrizione, trovavo scritto “e da qui, per facili roccette, si giunge in cima”… ed io ero ad un colle o a pochi passi da un dirupo!
Ovviamente era mia responsabilità, non era colpa di Stefano, che poi ho avuto il piacere di conoscere personalmente e di ascoltare più volte nelle sue presentazioni, ma, leggendo il nome dell’autore, la memoria involontaria ha ripreso quelle passeggiate giovanili in un Appennino selvaggio e, oltre 40 anni fa, ben poco tracciato.
E invece sono rimasto incantato e affascinato dalle storie, dai nomi e dalle descrizioni che ho trovato in 16 godibilissimi capitoli, che mi hanno fare un viaggio tra la linea Gustav e la linea Gotica, passando per la Sabina, a due passi da Roma, e con una deviazione finale a Genova, in onore del nostro Presidente nazionale.
Il libro, fratello di un altro libro di Ardito, “Alpi di Guerra, Alpi di Pace”, è un itinerario diffuso tra le tante catene di monti nell’Italia Centrale, dalla Maiella al Gran Sasso, dalle Mainarde alle montagne della Ciociaria, scollinando poi in Toscana ed in Emilia Romagna, per raccontare le grandi stragi di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto ed altri episodi avvenuti nell’Appennino tosco-romagnolo.
Scrive Ardito nell’introduzione: “Basta uno sguardo a una carta geografica per vedere come l’Appennino sia la spina dorsale dell’Italia. Si allunga per più di mille chilometri, si alza con decine di massicci imponenti, interessa tredici regioni italiane su venti, che diventano quattordici se si fanno rientrare nella catena le dorsali siciliane delle Madonie, dei Peloritani e dei Nebrodi, che si alzano oltre lo Stretto di Messina”.
E su questa dorsale si sviluppa la guerra partigiana, i rastrellamenti delle truppe di Salò e della Wehrmacht e le storie dei partigiani si affiancano alla guerra degli eserciti che si scontrano lungo le due linee fortificate costruite dai genieri tedeschi tra il Tirreno e l’Adriatico: la Linea Gustav e la Linea Gotica.
Quello che più mi ha emozionato nel corso della lettura è stata la presenza nel libro di un numero sterminato di personaggi, di nomi, di eroi noti e meno noti, che hanno lottato per la libertà ma anche solo per poter vivere in modo dignitoso: troviamo le storie di Carlo Azeglio Ciampi e del suo professore Guido Calogero, della prigionia di Benito Mussolini, le presenze di Elio Toaff e del re Umberto, protagonista di un bizzarro episodio, ma anche del regista John Houston, di ufficiali statunitensi tra i quali Ernie Pyle e Henry Waskow, del pittore Charles Moulin, di cui ancora si può vedere il rifugio sulle Mainarde, e dell’alpinista John Hunt, che dopo la guerra guidò la spedizione che conquistò l’Everest nel 1953, per finire con il maggiore Brandford Evans, testimone della distruzione dell’Abbazia di Montecassino.
Interessante anche lo straordinario elenco delle nazionalità che hanno combattuto in quegli anni in Italia e che oggi riposano lungo l’Appennino, tra Ortona, Roma e l’Emilia Romagna: un mosaico che comprende indiani, sudafricani, canadesi, neozelandesi, Gurkha, greci, polacchi e la Brigata ebraica. Completano l’elenco le truppe segregate della 92a Divisione della US Army, con i loro reparti formati da americani di origine africana o giapponese, ma comandati da ufficiali bianchi e gli uomini della Fôrça Expedicionária Brasileira.
E poi le tante, troppe vittime di un’assurda guerra fratricida e criminale, alcune note come Leone Ginzburg, altre meno note, come Bruno Bruni; persone che hanno saputo dire “no” come Giuseppe De Vito, Patrizio D’Ercole, Mario Dottori, Don Concezio Chiaretti e tanti altri partigiani, cittadini e sacerdoti.
Ma il cuore si stringe poi di fronte alle precisazioni non solo delle infinite violenze subite dalle donne in Ciociaria, narrate poi da Moravia e che valsero l’Oscar a Sophia Loren, ma per i bambini, uccisi senza pietà insieme ai genitori nelle tante stragi che hanno costellato quegli anni e quei luoghi.
Grazie ad Ardito, che attraverso questo libro fa venire voglia di andare a perdersi lentamente tra i monti che hanno visto tante battaglie e tanti morti, per cercare i cippi e le targhe poste a memoria dei numerosi eventi luttuosi che si sono svolti nel silenzio degli Appennini.
Un libro da leggere e rileggere, tenendo sempre a mente le parole di George Santayana, incise ad Auschwitz, a Dachau e, come racconta Stefano, anche sul campanile della pieve romanica di Cercina, vicino al Monte Morello: «Chi non ricorda il passato, è condannato a ripeterlo».
Fabrizio Farroni
Stefano Ardito, GUERRA IN APPENNINO. 1943-1945: LOTTA PER LA LIBERTA’, Corbaccio Editore, 2023, pp. 224