Recensioni libri di montagna

L’alpinismo romano dalla metà dell’ottocento ai primi del novecento nella storia risorgimentale italiana

Giovanni Di Vecchia

L’alpinismo romano dalla metà dell’ottocento ai primi del novecento nella storia risorgimentale italiana


Da qualche tempo gli studi e la letteratura di montagna manifestano un nuovo punto di vista delle vicende alpinistiche: continua la pubblicazione di relazioni di scalate – soprattutto di quelle extra-europee – ma aumentano quelle che collocano la storia alpinistica nel più vasto contesto socio-politico.
Studiosi come Morosini, Pastore, Frison-Roche, Motti ed altri non ignorano che anche l’alpinismo è figlio del suo tempo, un fenomeno storico da trattare come tale.
Mi sembra di poter collocare il lavoro di Di Vecchia – non nuovo del resto ad imprese del genere – su questo piano, ma con un merito in più: essere dedicato ad un ambiente alpinistico poco noto, ma molto interessante, come quello sviluppatosi intorno al massiccio del Gran Sasso.
Quando si parla di alpinismo, il pensiero corre subito all’arco alpino. Eppure il gruppo del Gran Sasso merita grande rispetto. Fino a pochi anni fa deteneva un primato, quello di custodire il ghiacciaio più meridionale d’Europa, quel Calderone di cui parlo al passato perché è ormai ridotto a poco più di un nevaio.
Di Vecchia ci presenta la storia del gruppo partendo dai protagonisti che lo percorsero e ne scrissero, nella seconda metà dell’Ottocento: personalità della borghesia romana, dotati di una innata tensione verso i viaggi e le scoperte che li distingue nel paragone con i pionieri alpinistici del nord. Uomini come Edoardo Martinori (1854-1935) ed Enrico Abbate (1858-1929) meritano di figurare nella storia dell’alpinismo italiano alla pari con Bartolomeo Gastaldi e Felice Giordano.
Il primo, poliedrico cultore di varie scienze come la numismatica e la storia, dietro sua esplicita richiesta fu tumulato ai piedi dell’amato Gran Sasso.
Abbate nacque a Milano, ma con l’avvento del Regno ebbe un incarico pubblico a Roma: si immedesimò con la capitale battendone il territorio montuoso. Il suo grande merito consiste nella redazione (1903) di una “Guida dell’Abruzzo” che anticipò di molti anni il corrispondente volume della collana CAI-TCI “Guida deiMonti d’Italia”. Caratteristica di quest’opera è la parte dedicata allo studio socio-economico della regione abruzzese: usi e costumi, commerci, industrie, popolazione… Accuratissima la documentazione topografica.
Altro grande merito del lavoro di Di Vecchia consiste nell’essersi intrattenuto ampiamente sulla storia della Sezione CAI di Roma (nata nel 1873, quindi una delle prime in Italia) e della SUCAI Roma (1908), i cui membri erano studenti universitari. Entrambi gli enti vantano una loro storia tipica e rilevante, se non altro perché avente come perno una città come Roma, ricca di personalità politiche e scientifiche che svilupparono nel tempo anche attività pubblica internazionale – non solo alpinistica – di alto livello. Basti pensare ai “Ragazzi di via Panisperna”, il celebre gruppo di fisici guidati da Fermi ed Amaldi. Essi, tutti appassionati alpinisti e assidui frequentatori del Gran Sasso, sono stati oggetto di un recente libro scritto dallo stesso Di Vecchia con Giovanni Battimelli. Altre figure degne di nota, che troviamo fra i fondatori del CAI di Roma, sono il poeta Cesare Pascarella e il pittore Enrico Coleman.
Il denso lavoro di Di Vecchia si spinge fino al tempo della seconda guerra mondiale. La sua principale caratteristica, come già abbiamo sottolineato, consiste nell’intrecciare le vicende alpinistiche con gli eventi della storia nazionale. Questo ci consente di scoprire che uomini influenti negli eventi pubblici del nostro Paese erano appassionati di montagna.
Le sezioni del CAI ebbero e hanno una vasta libertà d’azione, il che fa sì che offrano iniziative diverse fra loro e in linea con la mentalità locale. Roma, città unica al mondo, non fa eccezione, ma è un’importante capitale. Bisogna essere grati a Giovanni Di Vecchia per avercene scoperto il volto alpinistico.
Lorenzo Revojera

Giovanni Di Vecchia, L’alpinismo romano dalla metà dell’ottocento ai primi del novecento nella storia risorgimentale italiana, pp. 117, con ill. b. n., Ed. Excelsiors.i.p.
 
 
Questo sito utilizza i cookies: per continuare a navigare sul sito è necessario accettarne l'utilizzo. Per ulteriori info leggi qui.
This site uses cookies: to keep on browsing you must accept them. For more info click here (italian only).