Recensioni libri di montagna

Torrione Recoaro - Storia e leggende

Bepi Magrin

Torrione Recoaro - Storia e leggende


Bepi Magrin, prolifico e documenta­to socio G.I.S.M., ritorna con questa pubblicazione sulle sue montagne; lui che, Ufficiale degli Alpini e Guida mi­litare, ha partecipato a spedizioni in Asia, Antartide e America Latina. Abbassata l’asticella del desiderio, rientra nelle amate Piccole Dolomiti, con un’operazione che recupera una vicenda alpinistica e una realtà quo­tidiana che, innanzi tutto, abbiamo il dovere di preservare dalla dimenti­canza.
Al centro il Torrione Recoaro, 1910 m, da sempre in competizione con il più famoso Baffelan, 1793 m, ove passano tutte le Scuole di Alpinismo del Vene­to e che conta vie di Gino Soldà e di Raffaele Carlesso.
Ma, dal confronto, il Recoaro prevale “per lo spigolo prepotente, due pareti squadrate a piombo, la sovrana pu­rezza di linee, agili e forti al tempo stesso” (G. Pieropan, Guida ai Monti d’Italia. Piccole Dolomiti e Pasubio, 1978).
Il Torrione domina la conca di Reco­aro, nel solco dell’Agno, oltre la frana del Rotolon che sfregia, rossastra, l’al­ta montagna.
La sua visione ci strappa dal consueto e Magrin è molto bravo nel presen­tarci questo signore altezzoso privile­giando innanzi tutto il colloquio con l’ambiente, senza tralasciare il paesa­no sentimento pieno di forza e di or­goglio, nume tutelare di quel gruppo di scalatori che ne hanno fatto la sto­ria a cominciare da Attilio Aldighieri (scomparso nella Campagna di Rus­sia) e Francesco (Checco) Meneghello.
La loro scalata dello spigolo sud, 5 lu­glio e 13 ottobre 1924, fatto di “com­plicate manovre, di reiterati tentativi, di parziali scalate e spericolate calate dall’alto”, ha fatto ricordare all’autore del volume la figura di Tita Piaz, ma è anche soprattutto una concezione del­la montagna che emerge, non astratta e idealizzata, ma vera e viva in tutti i suoi contenuti naturali e umani. L’arrampicare non si configura come mero fatto atletico e sportivo, che fi­nisce per mettere in secondo piano proprio la montagna, ma vale per il rapporto umano che si stabilisce con il monte, a cui si riconosce il valore di simbolo e di personificazione della propria terra d’origine, prefigurazio­ne del suo cuore e della sua anima.
Da tutto questo deriva un’immedesimazione che esalta il racconto ma anche la nutrita schiera di arrampi­catori, frutto di quella terra e di quel­le montagne, a cominciare da quelli citati e da Gino e Italo Soldà, Gianni Bisson e Giuliano Dani, che vi trac­ciarono la via integrale per lo spigolo sud, Bortolo Fracasso e Bortolo Sera­fini, Bepi Bertagnoli, Franco Bertoldi, A. Pizzolato, tutti veri pionieri su que­sti monti, le cui vicende ci risultano esemplari come conviene nel mito e nelle leggende.
Magrin, che molto ha operato nelle Piccole Dolomiti, aprendo numero­se vie nuove, racconta queste salite con uno stile di trascinante vitalità, con i protagonisti a volte “stralunati” per l’impegno espresso, ma sempre capaci di grandi lezioni di umanità, descritti con tocchi straordinari e più dimensioni, nella realistica indeter­minatezza di chi affronta enigmi e in­terrogativi rocciosi mai risolti.
Tra gli aneddoti, la memorabile ascen­sione del 1° giugno 1924 dalla parete nord ovest, che vide riuniti sulla vet­ta del Torrione ben cinque tra i più bei nomi dell’alpinismo vicentino del tempo: Attilio Aldighieri, Francesco Meneghello, Bortolo Fracasso, Gino con Aldo Soldà che, più agili e veloci dei compagni, effettuarono “una spe­cie di balzo felino per superare una paretina ed essere i primi a trovare la vetta”.
Il bel risultato del volume è reso pos­sibile all’autore per la capillare cono­scenza dei luoghi selvaggi e intatti, come dimostra la puntuale e detta­gliata ricchezza toponomastica, possi­bile solo a chi ha amato questi luoghi, li ha cercati e percorsi, ha parlato con chi vi è nato e cresciuto passandovi una vita di lavoro e fatica.
Risalire alla montagna e ai crinali si­gnifica poi infilarsi nelle sue pieghe, strette e perigliose, i famosi “vaj” che solcano verticalmente i versanti.
In particolare, il Torrione Recoaro si alza tra il Vaio di Bisele (individua­to da Meneghello e dall’Alighieri nel 1926) e il Vaio Scuro (salito dallo stes­so Meneghello con P. Christ il 6 gen­naio 1925 e successivamente attrezza­to per facilitarne la risalita).
Questi canali sembrano volere rin­chiudere il torrione “agile e forte”, ma non possono bloccarne la maestà e lo slancio, pur mettendo in atto tutto ciò che la roccia consente, massi e roccette, muraglie orride e anguste, buie spaccature, gradini strapiombanti, macigni incastrati, canalini e pertugi scoscesi inesauribili, fino ad uscire ai ghiaioni superiori.
Dal Vaio Scuro attaccammo nel mag­gio ’67 la est del Torrione, salita il cui ricordo, tra l’altro, mi consente e giu­stifica questa recensione.
Ma il Torrione Recoaro nel volume ci appare non solo come un protagoni­sta, ma anche come un capopopolo, che richiama attorno a sé sudditi e vicende. A cominciare dagli alpini in una fantastica e ben raccontata storia di guerra, ai contrabbandieri che tra­versavano al Tirolo, dalla posa della croce sul Monte Obante al rifugio Bat­tisti alla Gazza, dai sentieri scomparsi alla caserma bruciata della già Regia Guardia di Finanza, fino ai protago­nisti quali Nico Ceron, Bortolo Sandri e Mario Menti, scomparsi all’Eiger, e Pino Benetti che lo stesso Magrin ha ricordato con una targa al Vaio di Bisele, posata con Pierino Torchia.
Altre note riguardano il Vaio di Pelegatta, il più pericoloso, il Rotolon, frana rossastra che morde il solco dell’Agno, la malga Lora e la famiglia Zalica, per concludere il volume con alcune leggende e la corte di cime che circonda il Torrione.
Un volume bello e piacevole, persi­no intrigante per chi conosce questi monti e con un corredo fotografico che invita ad andarvi di persona.
Dante Colli

Bepi Magrin, TORRIONE RECOARO STORIA E LEGGENDE, Mediafactory Editore, Comedo (Vicenza), 2020
 
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