Recensioni libri di montagna

Compendiosa relazione d`un viaggio alla cima del Monbianco

Horace-Bénédict de Saussure

Compendiosa relazione d`un viaggio alla cima del Monbianco


Da tre anni il Centro Editoriale del CAI ha inaugurato la collana “An­tiqua CAI”, con cui vuole rendere fruibili alcuni tesori della Biblioteca Nazionale del Club Alpino. Il volume 2020 è, addirittura, il primo testo di alpinismo in lingua italiana, datato 1787.
La fama di Horace-Bénédict De Saus­sure è tale da non richiedere qui di ricordarne la biografia.
Giunto a Chamonix nel 1760 (a soli vent’anni), fu subito folgorato dal Monte Bianco. E contribuì non poco a dirottarvi il turismo alpino, che ave­va ai primordi la sua meta favorita nei ghiacciai dell’Oberland bernese.
Il suo nome è così legato al Bianco che molti lo scambiano per il suo pri­mo salitore. Invece, come si sa, De Saussure bandì un premio per chi l’a­vesse raggiunto: i primi tentativi ini­ziarono nel 1775, ma solo l’8 agosto 1786, Michel Gabriel Paccard e Jac­ques Balmat ne raggiunsero la vetta. Impossibilitato dal tempo atmosferi­co, De Saussure racconta che riman­dò all’anno seguente il suo tentativo. Mandò in esplorazione della via Bal­mat, che così vi giunse una seconda volta il 5 luglio 1787 con altre due gui­de. L’ascensione di De Saussure - il 3 agosto dello stesso anno - fu quindi la terza ascensione.
La relazione era pronta il 1° settem­bre, con il titolo “Relation abrégée d’un voyage à la cime du Mont-Blanc. En Aout 1787”; già ai primi di ottobre ne venne pubblicata la traduzione italiana (entro l’anno apparvero anche le traduzioni inglese e tedesca). Non molto tempo fa, Angelo Recalcati è ri­uscito a chiarire il nome del tradutto­re, siglato nel testo con le sole iniziali. Si tratta di Felice San Mar­tino Conte della Motta, che la pub­blicò sul periodico “Biblioteca Oltre­montana ad uso d’Italia, colla notizia dei libri stampati in Piemonte”, da lui fondato e diretto all’inizio di quello stesso anno. Contemporaneamente la pubblicò come fascicolo autono­mo, stampato dalla Reale Stamperia di Torino.
Il testo italiano ebbe subito una rapi­da diffusione, dovuta anche al fatto che De Saussure era in contatto con molti intellettuali e scienziati italiani. Eppure, come spesso accade per fa­scicoli e testi brevi, pochissime copie di questa pubblicazione sono giunte fino a noi. La presente edizione anastatica è esemplata sulla copia che la Biblioteca Nazionale del CAI ha ac­quistato il 27 febbraio 1951. L’anastatica è preceduta da un breve ma documentato saggio di Alessan­dra Ravelli.
Il testo vero e proprio, di sole 36 pa­gine, è occupato per la seconda metà dalla descrizione e dai risultati di sin­tesi degli esperimenti condotti in vetta da De Saussure: per svolgerli - anche a causa dei disagi e della fatica della quota - aveva impiegato ben quattro ore e mezza. Il suo metodo rigoroso e classificatorio dell’osservazione diret­ta del terreno ha poi fatto scuola.
Il racconto dell’ascensione - che durò dal 1° al 4 agosto e vide coinvolti an­che un domestico e diciotto guide (soprattutto per trasportare in vetta tutto il voluminoso materiale scienti­fico) - è sobrio e obiettivo, con acute osservazioni; l’autore però - anche a causa dell’eccezionalità dell’impre­sa - lascia spazio altresì a qualche (raro e pudico) slancio emotivo. Così, ad esempio, nel secondo bivacco, du­rante la notte l’aria viziata delle tende costrinse l’autore a uscire nella notte per respirare: «La luna era splenden­tissima in mezzo al cielo nero quanto l’ebano, Giove usciva scintillante da dietro la più alta cima del Monbianco, e la luce riflessa da tutto quell’am­masso di nevi era così abbagliante, che non si potevano distinguere fuor­ché le stelle della prima e seconda grandezza» (p. 10).
La lettura risulta così molto godibile anche oggi, pur se l’imponente inten­zionalità scientifica dell’alpinismo è passata in secondo piano. E alcune esperienze che - più modestamente - ogni frequentatore di vette ha vis­suto trovano qui il proprio archetipo. Come la comprensione globale dell’o­rografia dalla vetta: «Potei allora sen­za rincrescimento godere del grande spettacolo che aveva sotto gli occhi. [...] vedeva distintamente l’insieme di tutte le alte cime, di cui desidera­va già da lungo tempo conoscere la struttura. Non credeva a’ miei occhi, mi pareva un sogno il vedere sotto ai miei piedi quelle maestose cime, il Mezzodì, l’Argentiera, ed il Gigante, alle di cui basi istesse aveva soltanto con somma difficoltà e pericolo potu­to avvicinarmi. Vedeva le loro unioni, la loro struttura, ed un solo sguardo mi toglieva tanti dubbi, che molti anni di lavoro non aveano potuto ri­schiarire» (pp. 12-13).
Un piccolo tesoro da non lasciarsi sfuggire.
Marco Dalla Torre

Horace-Bénédict de Saussure, COMPENDIOSA RELAZIONE D’UN VIAGGIO ALLA CIMA DEL MONBIANCO, collana ‘Antiqua CAI” n° 3, Club Alpino Italiano, Mi­lano 2020, pp. IX+36
 
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