Recensioni libri di montagna

Itinerari nelle valli: Pusteria e Aurina

Lucio Alberto Fincato

Itinerari nelle valli: Pusteria e Aurina


Il sottotitolo di questo nuovo contributo d’affetto di Lucio Alberto Fincato verso le valli Aurina e di Pusteria suona: Fra luoghi di culto, malghe e rifugi. Pare a noi, vicini in amicizia, con l’autore, che esso rappresenti, ancorché non espresso, una sorta di pellegrinaggio su luoghi a lui profondamente noti, cui egli intende invitare quanti siano attratti dalle bellezze naturali di questi territori. Non è il primo contributo d’affetto rivolto dal Fincato verso queste terre. Sono infatti da ricordare Monti, Paesi e Rifugi delle valli Aurina e di Pusteria e poi I monti della valle Aurina. Quali le radici di questo affetto? Egli è nato a San Candido, dove suo padre Giovanni (medaglia d’oro al valor militare) prestava servizio come ufficiale degli alpini. Nel primissimo dopoguerra, conseguita la licenza liceale, fece sua la vocazione paterna e dopo l’Accademia svolse gran parte del suo servizio nelle truppe alpine nelle valli dell’Isarco e della Pusteria. Rientrato poi a Verona per altro incarico di Comando si congedò con il grado di generale, ma il rapporto con la sua terra natia ha continuato a coltivarlo con amore. Di questo rapporto diventa ulteriore testimonianza questo suo ultimo volume. Dice egli nella prefazione: «Mi riterrò soddisfatto se il lettore si sentirà invogliato a entrare negli antichi luoghi di culto per conoscer55 ne e approfondirne i peculiari aspetti, frutto di secoli di storia sacra». Un testo propedeutico a più ampi approfondimenti, tale si svela il volume, man mano che si proceda nella lettura, che fa far sosta in ogni paese e frazione delle due valli citate. Paesi alcuni notissimi, come Dobbiaco e San Candido, altri molto meno, ma che Fincato invita invece a scoprire. Il proposito dell’autore non è soltanto quello di coinvolgere il lettore su un piano culturale, quanto anche di incoraggiarlo a un contatto più diretto con l’ambiente che fa corona ad ogni pur piccola località. Per questo egli in coda ad ogni “stazione pellegrinante” inserisce una o più proposte escursionistiche. A completamento dell’apprezzamento che l’opera merita (la componente grafica ha sicuramente dato una attraente veste al volume) riteniamo che il suo valore sia confermato da alcuni preziosi dettagli, come il capitoletto dedicato ai termini tecnici e artistici e alla ricca bibliografia, cui potranno riferirsi i lettori più curiosi. Però un merito tutto particolare che rileviamo in quest’opera è il servizio che essa dà alla conoscenza di componenti storiche. Lo ritroviamo nel capitolo che Fincato dedica a Ettore Tolomei, il trentino che pose la sua cultura a servizio dell’ideologia fascista, che tanti guasti causò con la campagna di italianizzazione dell’Alto Adige. Pensava il Tolomei che l’Italia «doveva affermare il suo diritto e il suo genio re imprimendo con tutti i nomi dei monti e delle acque, delle città e dei paesi fino all’ultimo casolare, il suggello perenne del nazionale dominio». A questo riguardo Fincato ricorda il pensiero di Giuli Kugy, decano dell’alpinismo triestino: «Bisogna trattare con rispetto e con amore i nomi autoctoni e popolari e vegliare gelosamente perché non vengano mutati a capriccio». Quante tensioni in meno vi sarebbero state nella storia del dopoguerra dell’Alto Adige se il pensiero di Kugy fosse stato applicato, per la toponomastica e per altro ancora.
 
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