Recensioni libri di montagna

Alfabeto verticale

Franco Brevini

Alfabeto verticale


Un libro piuttosto singolare, non un racconto delle proprie avventure alpinistiche (e Brevini ne avrebbe_..), né una storia dell`alpinismo. Non è un racconto, ma racchiude molto più materiale narrativo di quanto a un saggio sia normalmente consentito. Brevini lo sa e nell’Introduzione spiega il suo fine, che giustifica la torsione del testo: «Gli scalatorl scrivono molto spesso libri che saranno altri scalatori a leggere: questo vorrebbe costituire un`eccezione. Pur risultando infatti l`opera di un fedele d’amore delle terre alte, che naturalmente si rivolge ad altri suoi compagni di fede, si sforza anche di raccontare la montagna a chi non la conosce e forse non la capisce. […] Dopo quarant`anni spesi a scalare montagne nei quattro angoli del globo mi piacerebbe riuscire a comunicare al lettore la misteriosa urgenza che ogni volta spinge un alpinista a ripartire» (p. 7). «Alfabeto verticale si propone di ricostruire alcune delle tappe dell’evoluzione culturale delle rappresentazioni della montagna, partendo dalle testimonianze degli uomini che l`hanno scalata e ponendole in tensione con le immagini che oggi noi nutriamo» (p. 12). Inizia così un viaggio nell’alpinismo che ne indaga il senso nella sua storia, in come oggi è inteso e in quello personalissimo dell’autore. Un viaggio in dieci voci (non "voci di un dizionario", beninteso) che si può articolare in tre blocchi: le esperienze emozionali (altezza, bufera, immensità, rischio), le attività che in montagna si possono praticare (arrampicata, ghiaccio, scialplnismo) e alcuni luoghi del cuore (Dolomiti, Gran Paradiso, Tunu, ossia la Groenlandia orientale). Cercare di spiegare il perché dellalpinismo (che è cosa ben diversa da un escursionismo “addomesticato") non è affatto facile neanche agli stessi alpinisti; figuriamoci a chi inorridisce al pensiero della sua "inutilità", unita al rischio che gli è congenito. «ll mondo della montagna è per me inseparabile dall’idea di immensità. […]. Fu quel libro [Mie montagne di Walter Bonatti] a rivelarmi la montagna come una delle più sconvolgenti provincie del regno dei grandi spazi e da quel giorno la mia imbrigliatissima esistenza di dodicenne milanese ebbe un nuovo sogno. […] Talvolta a casa mi sveglio che è ancora notte e penso a quante volte a quell`ora sono partito dai bivacchi con la frontale sul casco. Richiusa la portina, eccoci proiettati in un altro mondo. Sopra la testa ruota lentamente la stupefazione di tutte quelle stelle, che rendono il cielo fosforescente. Davanti si stagliano le masse acquattate delle montagne, che fra poco sfolgoreranno al primo sole. La neve scricchiola, il ghiacciaio è blu come l`acciaio temprato. Un bagliore a oriente annuncia che sta iniziando il più sconvolgente e insieme il più prevedibile degli spettacoli. Si replica da milioni di anni, ma quasi sempre senza testimoni, come il fiore del deserto di Manzoni, che spande la sua corolla per l’imperscrutabile Dio delle solitudini. Ora però siamo noi, lì, in carne e ossa, gli intirizziti spettatori dell`epifania della vita. Eccolo alla fine il sole vittorioso che perfora il cielo con la sua polvere rossa ed ecco le tenebre che precipitano sconfitte nei laghi neri delle valli. Tutto quell’arancio durerà alcuni minuti, poi la linea del sole si abbasserà dalle cime ai ghiacciai, ai pascoli: un`inarrestabile riconquista, che farà vibrare il paesaggio di minuscole schegge di luce» (pp. 175-178). Sono temi che, aldilà dell`esperienza personale, Brevini ha attentamente scandagliato anche nella sua attività di studioso (è docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all`Università di Bergamo), fino a dare alle stampe, nel 2013 per Bollati Boringhieri, il saggio L`invenzione della natura selvaggia. Storia di un’idea dal XVlll secolo a oggi. Poche altre attività risultano, nell’opinione corrente, tanto deformate dai luoghi comuni. E a ogni incidente grave l`incomprensione si trasforma in condanna. Negli ultimi tempi si è giunti addirittura a invocare il divieto di salita per certe montagne o certi itinerari di salita. Non a caso il capitolo più ampio è dedicato proprio al "Rischio". ll tema è delicato e le implicazioni sono molte. Ne ha trattato a fondo, recentemente, un grande alpinista come Oreste Forno. All`alpinista responsabile è certamente richiesto molto equilibrio, competenza, capacità di valutazione e prudenza. Nondimeno il rischio è, in qualche modo congenito all`alpinismo: «Se il mondo moderno ha steso un soffice panno protettivo, che avvolge e anestetizza ogni minuto aspetto delle nostre esistenze sottraendole al ruvido confronto con la realtà e i suoi imprevisti, la montagna può squarciare quell`involucro e riaprire i giochi, riportando la vita a misurarsi con le cose e con la morte. In un mondo in cui si enfatizzano i sistemi di sicurezza, in cui si pretende che anche il rischio venga gestito, la montagna è diventata un modo per riassaporare l`avventura, nel senso etimologico di ad ventura, "verso le cose future"›› (p. 237). E, cercando di cogliere sinteticamente il nucleo, azzarda: «ll sublime - insisto – è decisamente la chiave per intendere l`alpinismo. ll pericolo, la paura, l`abisso, la vastità e limmensità, il brivido dell`annientamento, il senso della fragilità dell’uomo, la sua solitudine di fronte a una natura incombente e minacciosa: di tutto questo è fatto il sublime, che è l’emozione più acuta e profonda che il soggetto possa sperimentare di fronte alla minaccia dell`annichilimento. In montagna si va per vivere queste sensazioni fatte di grandiosità e di rischio» (p. 220). Con un elemento in più rispetto all’estetica del sublime, che consiste nel passaggio dalla contemplazione all`azione, dalla pura ammirazione all`impegno fisico e psicologico dell`ascesa. Resta comunque difficile far comprendere a chi non ha frequentato la montagna il senso del’alpinismo, dare una risposta razionale alla eterna domanda “Ma chi te lo fa fare?". Può riuscirci forse una grande narrazione (ad esempio il Walter Bonatti che fulminò Brevini da ragazzo). Ci riuscirà questo libro? Forse, al lettore che avrà la pazienza di arrivare a concluderne la lettura. Glielo auguriamo di cuore. Marco Dalla Torre Franco Barevini, Alfabeto verticale. La montagna e l`alpinismo in dieci parole, ll Mulino, Bologna 2015, pp. 290. € 16,00.
 
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