Recensioni libri di montagna

Un popolo dua patrie. Il Trentino nel vortice della Grande Guerra (1914-1918)

Alberto Folgheraiter

Un popolo dua patrie. Il Trentino nel vortice della Grande Guerra (1914-1918)


Che la prima Guerra mondiale sia stata una catastrofe per tutta l’ltalia e che abbia comportato enormi trasformazioni sociali e morali, è noto. Che nelle terre di confine, teatro della nostra guerra, le devastazioni siano state decuplicate, è facile da immaginare. Tragedia nella tragedia, trentini e friulani si trovarono divisi al di qua e al di là dei reticolati, la maggior parte sudditi e militari asburgici pur essendo italiani. Per loro la guerra inizio un anno prima, nell`estate del 1914, e quasi tutti furono inviati in quella tomba a cielo aperto che fu la Galizia. Alla fine della guerra tra i soldati trentini si conteranno 11.700 morti, 14mila feriti e 12.000 prigionieri. Molto più esiguo, naturalmente, il numero di soldati trentini che si arruolarono nel Regio Esercito italiano. L`elenco a oggi più aggiornato segnala 902 soldati, tra cui moltissimi ufficiali (quasi due terzi). Più della metà riuscì ad arruolarsi tra gli Alpini. Ben diversa, però, fu la memoria “pubblica" riservata a questi due gruppi. I secondi furono celebrati come puri eroi tra i "caduti per la patria". In particolare il Regime si impadronì delle figure di Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa per farne icone dell`irredentismo. Sui primi, invece, si stese una vera e propria damnatio memoriae, un silenzio che coinvolse anche le lapidi degli innumerevoli monumenti ai caduti. Solo in anni recenti i conservatori del Museo Storico della Guerra di Rovereto hanno avviato una capillare ricerca che ne ricostruisse «la dignità di un nome e di una patria» (p. 17). ll volume di Alberto Folgheraiter - giornalista e storico della sua terra, ha pubblicato diversi lavori sulle genti trentine - ha dichiaratamente questo scopo: « “Lo Stato Italiano, dopo cento anni, non ha ancora trovato né le parole né le forme per riconoscere a queste persone, morte troppo presto per essere riconosciute come italiane e troppo tardi per essere redente, uno spazio dentro la dimensione nazionale collettiva. Sono state ignorate perché avevano indossato la divisa del nemico []“. Oueste pagina tentano di spalancare una finestra e di recuperarne la memoria» (p. 18). Folgheraiter raccoglie e ordina una impressionante mole di dati e aiuta a vedere la guerra in tutti i suoi risvolti, ben oltre che militari. L’azzeccata definizione di Paolo Rumiz - “Italiani sbagliati" - ben si attaglia anche a tutti i trentini (e i giuliani) che non finirono sotto le armi. Mi limito qui a citare tre delle numerose problematiche: - l`arresto di 1754 trentini sospettati di irredentismo (le liste erano già state stilate da tempo) e il loro internamento nel campo di Katzenau (alle porte di Linz, in un`ansa del Danubio). Folgheraiter riporta ampi brani del discorso di Alcide Degaspari al Parlamento di Vienna, in cui denuncia che «l`arresto di questi internandi è stato compiuto in maniera piuttosto brutale: per la strada, in un caffè, di notte. [...] Sono stati trattati come semplici` e volgari delinquenti [...]. Nella maggior parte dei casi poi l`internamento è stato operato senza una ragione plausibile: non vi era nessuna infrazione di legge» (p. 78). Le condizioni del campo, specie all`inizio, comportarono una mortalità molto alta: 853 decessi, pari al 20,5%. Nei decenni successivi il semplice nome Katzenau era piuttosto evocativo per i trentini (ad esempio per un mio bisnonno e uno dei miei nonni, che ci trascorsero lungo tempo...); - la deportazione forzata della quasi totalità della popolazione della “zona nera" (quella adiacente al fronte) nelle improvvisate “città di legno" dell`Austria, della Boemia e della Moravia. l piani di evacuazione erano già stati preparati, ma furono resi pubblici con un preavviso di poche ore e con la possibilità di portare al seguito un bagaglio di soli cinque chili. Equivaleva ad abbandonare tutto, per trasferirsi in accantonamenti composti da grandi baracche prive, specie all`inizio, dei più basilari servizi. Si calcola un numero tra i 70 e i 75.000 trentini. Trattamento simile tu riservato a chi si ritrovò, di lì a poco, dall`altra parte: «nei mesi seguenti, tra il 1915 e il 1916, trenta-trentacinquemila persone del Trentino meridionale, occupato dai soldati italiani, finirono “`polverizzate" in 264 borghi e città della penisola» (p. 66). La drammatica pandemia di "spagnola", vero flagello epocale che falcidiò l`Europa ben più della guerra. I dati sono incerti, ma si ipotizzano circa 10.000 morti nel Tirolo italiano, tra una popolazione indebolita dalle conseguenze della guerra. Se fatti come questi alienarono le simpatie asburgiche di molti trentini, gli italiani fecero fatica a farsi amare. Dal 3 novembre 1918 fino al trattato di Saint-Germain (10 settembre 1919), che regolava la ripartizione degli ex territori della corona di Vienna, il Trentino-Alto Adige rimase una regione "occupata" dall`Esercito italiano e non "annessa" al Regno d`ltalia. ln quei dieci mesi rientrarono, sia dall`ltalia che dai territori dell`ex impero, quasi tutti gli sfollati (circa 100.000) e non trovarono che devastazione. Folgheraiter riporta dei dati impressionanti. Cito solo il caso di Rovereto (ma nelle valli di confine era ancora peggio), dove delle 900 abitazioni di prima della guerra ne rimasero indenni solo 37. Dei 373 comuni del Trentino, quelli gravemente danneggiati furono 92. ll primo inverno tu vissuto da moltissimi in baracche costruite in fretta. Questo era comprensibile. Non lo era invece, almeno per i Trentini abituati all’efficientissima amministrazione asburgica, la stancante lentezza degli aiuti da parte del Governo italiano. Aggravata dalla polverizzazione dei patrimoni, con il cambio della corona austriaca (che prima della guerra era di 1.05 lire) a 40 centesimi. Gli stessi irredentisti denunciarono con frequenza lo stato di cose, che rischiava di portare a una rivolta, o almeno ad alienare le simpatie per la nazione che da pochi mesi li aveva “adottati”. Uno di essi, Ottone Brentari, ebbe a scrivere: «Si deve ricordare che l`Austria se nei campo politico era tutto quello di esecrando che si possa figurare [...] nei campo amministrativo poteva, in moltissimi casi, servire da modello, e sotto tale aspetto sarebbe bene non annettere ii Trentino all’Italia, ma annettere l’Italia al Trentino» (p, 219). Una boutade, senza dubbio. Ma anche oggi potremmo dire lo stesso. Un popolo. due patrie. il Trentino ne/ vortice della Grande Guerra (1914-1918), di Alberto Folgheraiter., Curcu & Genovese, Trento 2015, pp. 238, euro 18.
 
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