Recensioni libri di montagna

Giorni di granito e di ghiaccio

Stefano Ardito

Giorni di granito e di ghiaccio


Con Dolomiti giorni verticali - cfr GM 3/08, pag. 42 - dedicato a 150 anni di alpinismo sui Monti Pallidi, Stefano Ardito inaugurò nel 2008 un nuovo genere di letteratura di montagna; la storia delle ascensioni più famose di un determinato gruppo montuoso, ma soprattutto i ritratti, sintetici ma efficaci, degli uomini che le hanno compiute. I personaggi, ovviamente, entrano in scena attraverso il racconto delle loro salite; ma Ardito, con uno stile brillante e spigliato che già definimmo a suo tempo come giornalistico, fa luce anche sulla loro vita privata, sulla loro storia precedente, sul carattere, se volete anche sulle manie e sui difetti. Un tentativo, direi riuscito, di umanizzare, di rendere più vicino a noi questo mondo di esseri eccezionali che sono gli alpinisti cosiddetti “di punta”, i quali rischiano talvolta di apparire enigmatici appartenenti ad un altro pianeta. Per questo, Ardito spesso rinuncia a quelle estenuanti descrizioni di passaggi impossibili che troppo spesso costellano i récits d’ascension e preferisce magari raccontarci spunti di vita quotidiana dei suoi eroi, le loro origini familiari e magari anche qualche loro buffa avventura che non c’entra niente con l’alpinismo. In attesa di qualche grande scrittore che sappia collocare - nel mondo della montagna e dell’alpinismo - una storia che conquisti anche i non alpinisti (un novello Buzzati, tanto per capirci), Ardito ha il merito di provare a rendere digeribile al grande pubblico un tema che è tuttora per specialisti. In Giorni di granito e di ghiaccio sono più di 150 gli anni che Ardito considera; stavolta infatti è di scena il signore delle Alpi, il gruppo del Monte Bianco; quindi è d’obbligo prendere avvio dal 1741, dalla famosa esplorazione cioè di Windham, Pococke e dei loro compagni agli sconosciuti ghiacciai dominanti Chamonix. Ripercorriamo poi ovviamente l’avventura di Paccard e Balmat, vista però attraverso un’ottica nuova, quella del cannocchiale del barone von Gersdorf che vede i due puntini neri sulla vetta dalla finestra di casa sua. Via via la lunga storia della scoperta del Bianco viene srotolata episodio per episodio, nome celebre dopo nome celebre; e si incontrano proprio tutti, talvolta - come ho detto - anche sotto vesti poco note che vivacizzano il narrare. Sapevate che la conquista della Aiguille Verte da parte di Whymper e delle sue guide svizzere provocò una rissa fra queste e i colleghi francesi, che non tolleravano forestieri che venissero a mietere gloria in casa loro? E che Geoffrey Winthrop Young che con Josef Knubel vinse nel 1911 per primo il Grépon, era pacifista e obbiettore di coscienza? Rifiutò di imbracciare il fucile, ma si arruolò volontario nella prima guerra mondiale come autista di ambulanze; venne ferito nel 1917 sul fronte italiano, sfuggì alla cattura perdendo però una gamba e dopo la guerra tornò ad andare in montagna con un arto artificiale. La montagna crea amicizie, ma sa anche smontarle; così capitò a Thomas Graham Brown e Frank Smythe, che dopo una vita passata insieme nel Bianco divennero acerrimi avversari. Man mano che si legge, ci si rende conto che il Bianco è un concentrato di storia dell’alpinismo; non c’è grande scalatore che non vi abbia lasciato la sua impronta. Dice giustamente Marcel Piola: Fiabesco, unico, il massiccio del Monte Bianco resta il riferimento assoluto in materia di scalata e alpinismo. Sono quaranta i racconti che Ardito presenta fra il 1741 e il 2007; potrebbero essere stati senz’altro di più, ma la scelta obbligata è stata felice, soprattutto perché l’autore ha saputo inserire notazioni importanti legando fra loro varie epoche, vari stili di salita, varie tecniche. Mi riferisco, ad esempio, all’evidenza data all’arrivo degli inglesi “proletari” di Manchester a metà degli anni ’50, con l’apporto delle tecniche messe a punto sulle pareti del Derbyshire (Joe Brown, Don Whillans e compagni); e degli “americani” degli anni ’80 portatori dei chiodi d’acciaio, dei nut, dei friends, dei dadi. Fino ad arrivare all’estremo dell’elicottero che recapita dall’alto una corda per sostituire quella caduta nel vuoto. Come cambiano i tempi ... (Recensione a cura di Lorenzo Revojera) Giorni di granito e di ghiaccio, di Stefano Ardito. Edizioni Versante Sud 2009, pagine 268, 26 tavole b/n e colori, €. 18,00
 
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